Sigillature dei solchi dentali

La sigillatura come prevenzione delle carie


La sigillatura dei solchi e delle fossette dei denti è parte integrante di un programma di prevenzione della patologia cariosa unitamente a controlli clinici periodici, corretta igiene orale, adeguata alimentazione e assunzione di fluoro.
Vari studi e ricerche confermano l’efficacia di questo pilastro fondamentale della prevenzione primaria della carie essendo in grado di ridurre l’incidenza di questa patologia in una percentuale variabile dal 52 al 72%.

Tecnicamente per fare le sigillature viene usato un materiale fluido chiamato sigillante, che consiste in una resina che fluisce nelle fessure occlusali precedentemente deterse mediante l’uso di una pasta profilattica e/o l’uso della polvere di glicina associata all’air-flow e quindi mordenzate con l’acido. Successivamente, la resina viene fatta polimerizzare con l’ausilio della lampada foto-polimerizzatrice ottenendo così un materiale duro che aderisce alla superficie dello smalto per mezzo di una ritenzione meccanica.
Il sigillante applicato sulle superfici dei denti determina una barriera fisica nei confronti dei batteri cariogeni e dei residui alimentari che tendono ad aderire all’interno dei solchi dentali causando l’insorgenza di carie.

Le sigillature sono state introdotte nel 1967 e sono particolarmente indicate per i primi molari permanenti che erompono attorno ai 6 anni di età. Sono particolarmente indicate in questa fascia di età in quanto il consumo di zuccheri è elevato e la mineralizzazione dello smalto è scarsa poiché si completa nei due anni successivi. Lo smalto immaturo, che presenta così una quantità di sostanza inorganica ridotta, risulta più permeabile e suscettibile allo sviluppo delle lesioni cariose.
Anche la morfologia e la profondità dei solchi dentali ha correlazioni importanti con la progressione della carie, con problematiche relative alla detersione e alla facilità di diagnosi della patologia cariosa.

Nei casi in cui l’anatomia dei solchi e delle fossette sia particolarmente complessa, ma soprattutto nei casi in cui si abbia il sospetto che una piccola lesione cariosa si estenda oltre la linea di demarcazione smalto-dentina, si può ricorrere ad una tecnica particolare: la sigillatura con ameloplastica. In pratica con micro-frese particolari e comunque sempre senza anestesia – essendo le procedure applicate superficialmente – si ampliano le fessure permettendo una diffusione maggiore della resina sigillante oltre che una miglior valutazione del sospetto carie eventualmente riscontrato alla specillazione del solco.

Per un uso corretto dei sigillanti è fondamentale il controllo dell’umidità che si ottiene isolando i denti da trattare con la diga di gomma e/o con dei rulli di cotone. Sappiamo infatti che l’effetto della contaminazione salivare dello smalto mordenzato determina il deposito di materiale organico sulla sua superficie e la sua rimozione è successivamente impossibile mediante il semplice lavaggio. Questa contaminazione può compromettere più o meno completamente, il legame adesivo della resina sigillante con lo smalto mordenzato portando così al fallimento della sigillatura.

La complessa anatomia del singolo elemento dentale unita al rischio individuale del paziente influisce sull’insorgenza del processo carioso, portando all’esigenza di effettuare precocemente la sigillatura al fine di un’azione preventiva idonea. Nonostante le superfici masticanti dei denti rappresentino solo il 12% della superficie dentaria esposta, ben l’80% di tutte le carie diagnosticate nei bambini e nei giovani si localizzano a livello delle fossette e dei solchi per cui l’orientamento generale clinico è quello di intervenire al più presto, dopo l’eruzione del dente e, comunque, entro i due anni dall’eruzione come già detto precedentemente. Come sottolineato dalle raccomandazioni del Ministero della Salute, l’effetto preventivo per i primi molari permanenti si attesta all’87,1% valutata a tre anni dalla sua applicazione (Nilchian et al., 2011).

L’efficacia nel tempo del sigillante è anche correlata al tipo di materiale utilizzato.
I materiali a base resinosa rappresentano la prima scelta, in virtù degli ottimi valori di
ritenzione; i cementi vetroionomerici presentano invece una ritenzione inferiore ma sono consigliati in tutte quelle occasioni in cui il controllo dell’umidità non può essere ottimale.
Una corretta tecnica operativa permette la penetrazione del sigillante nei solchi e nelle fessure senza vuoti o bolle e per questo motivo l’applicazione deve seguire il rispetto scrupoloso dei vari passaggi del protocollo che ogni casa produttrice raccomanda per il proprio materiale al fine di ottenere il miglior risultato.
Controlli periodici permetteranno di verificare l’integrità del sigillante e quindi l‘efficacia della sua funzione preventiva nei confronti della carie, reintegrando – eventualmente con altre applicazioni – le possibili perdite date dalla fisiologica usura della resina.

Faggian Clinic

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