Il successo della moderna terapia endodontica

Fabio Betteti

Fabio Betteti

Cura canalare: il successo della moderna terapia endodontica

Oggi la terapia endodontica, conosciuta dai più come “cura canalare” del dente, si avvale di conoscenze biologiche che, sommate a procedure ormai universalmente riconosciute e a strumentario tecnico evoluto, ci permettono di raggiungere risultati clinici di efficacia pari al 97- 98%.

Trent’anni fa, quando appena laureato iniziai a dedicarmi alla professione, si sapeva poco su questa materia e su come eseguire le terapie correttamente, per cui i risultati erano molto discutibili. I nostri colleghi che nei primi anni ’80 tornavano da Boston con il diploma di specializzazione in endodonzia portarono una ventata di novità scientifiche e di procedure cliniche che rinnovarono profondamente ciò che rappresentava l’endodonzia nel nostro Paese, una specialità non particolarmente amata. L’empirismo regnava sovrano, decine di “paste miracolose” venivano propagandate e vendute alla maggior parte dei dentisti, che le sperimentavano sui loro pazienti senza informarsi seriamente sulla reale efficacia e sulla possibile tossicità.
I pazienti, normalmente, dovevano ricorrere a più appuntamenti per completare il trattamento. Un trattamento il cui risultato positivo era dato più da un’ottima e fortunata risposta del sistema immunitario che dall’efficacia della terapia ricevuta.

L’uso di otturazioni radicolari a base di paste non viene più preso in considerazione nell’endodonzia contemporanea per le seguenti ragioni:

  • i componenti di alcune paste possono diffondersi nei tessuti determinando un’infiammazione cronica degli stessi ed una tossicità cellulare;
  • a causa della loro porosità, tali paste si assorbono nel tempo, determinando infiltrazioni apicali ed un’elevata probabilità di fallimento della terapia.

I materiali odierni per la cura canalare consistono in guttaperca abbinata a cemento sigillante. Se il sistema canalare è stato ben pulito e modellato, grazie a questi materiali si può usare qualsiasi tecnica di otturazione per ottenere un corretto riempimento radicolare tridimensionale.

Il passato della cura canalare

Negli anni ’80 la presenza di un ascesso apicale decretava la fine della funzione di quel dente e la sua estrazione. Il granuloma apicale o la cisti radicolare venivano trattati dai più con delle apicectomie eseguite senza prima verificare la possibilità di intervenire in modo non chirurgico attraverso un ritrattamento ortogrado (dalla corona verso l’apice della radice). I protocolli operativi di chirurgia plastica parodontale non erano ancora stati codificati per cui questi interventi avevano come risultato grossolane cicatrici sulla mucosa del vestibolo, accompagnate da macchie grigio-nere dovute all’amalgama che veniva usato dai professionisti più “fini” per otturare l’apice sezionato chirurgicamente.

A questo si aggiungeva un altro difetto estetico: la recessione gengivale, ossia rimaneva scoperta parte della radice dei denti dov’era stata praticata l’incisione e scollata la gengiva. Non ultimo, c’era la concreta possibilità che l’intervento non portasse a guarigione e che uno sbocco fistoloso permanente facesse la sua comparsa in qualche punto della cicatrice.

Tecniche moderne per la cura canalare

Le tecniche moderne di endodonzia chirurgica, che prevedono l’uso di forti sistemi ingrandenti quali il microscopio operatorio e l’uso di materiali che fanno presa anche in ambiente umido come il cemento idraulico MTA, permettono di ottenere risultati positivi di guarigione nell’89% dei casi.
I trattamenti, o i ritrattamenti ortogradi, di denti che presentano una lesione infiammatoria apicale cronica (granuloma) sono capaci di portare a guarigione completa in una percentuale che va dal 74% all’86%.

Questi incredibili miglioramenti dipendono da molti fattori.

Gli operatori hanno una migliore comprensione dei princìpi biologici e maggior conoscenza, valutazione e rispetto dell’anatomia del sistema canalare e del ruolo che riveste nel successo o nel fallimento. Tecniche all’avanguardia, nuove tecnologie e attenzione per le migliori pratiche restaurative permettono ai medici di ottenere risultati eccellenti. Per un successo endodontico a lungo termine risulta essere di fondamentale importanza anche la realizzazione in tempi brevi di un restauro corretto, tale da prevenire la microinfiltrazione batterica dall’ambiente orale. Sappiamo, infatti, che l’otturazione canalare, se esposta alla saliva per un tempo relativamente breve (circa 80 giorni), ad esempio per perdita dell’otturazione provvisoria fatta al dente devitalizzato oppure frattura della corona con esposizione della guttaperca sottostante, andrà ritrattata perché contaminata fino all’apice. La reinfezione di un canale ben otturato ha come risultato il fallimento della terapia.
Quando attorno ad un dente ben devitalizzato è apprezzabile una completa salute parodontale (gengiva non infiammata, nessuna presenza di sondaggi patologici, nessuna tasca sopra o infraossea, nessuna fratture della radice), una radice naturale va riconosciuta come il migliore degli impianti. Quando correttamente realizzata, l’endodonzia deve essere considerata il caposaldo dell’odontoiatria restaurativa e ricostruttiva.

Nota: le percentuali di successo riportate sono state ricavate dalle revisioni sistematiche più recenti su questo argomento, apparse nella letteratura specialistica internazionale.

Dr. Fabio Betteti

Laureato in Medicina e Chirurgia all’Università di Padova nel 1983. È stato allievo del dott. Gianfranco Carnevale frequentando il corso biennale di perfezionamento in Parodontologia (1987-1988). Si è perfezionato in Implantologia sotto la guida del Prof. Ugo Consolo all’Università di Modena e Reggio Emilia (2005). Ha inoltre frequentato corsi nazionali e internazionali di aggiornamento e perfezionamento in chirurgia parodontale e implantare e corsi di endodonzia. Si occupa prevalentemente di endodonzia e terapia parodontale.

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